Editoriale

A proposito di Italia

La sfida fra Croazia e Italia sarà dunque fondamentale per il prosieguo del cammino azzurro in questo Europeo 2024.

Dell’ultima sfida, quella persa contro la Spagna, sono rimaste impresse tante cose: la riaggressione iberica, le occasioni sventate da Gigio Donnarumma, il mal di testa provocato a Di Lorenzo da Nico Williams, la prova di Marc Cucurella, i cambi di Luciano Spalletti…

Fra quelle su cui si è più discusso nelle ore successive alla gara due spiccano su tutte, vale a dire la prestazione di Gianluca Scamacca e la difficoltà dell’Italia nel costruire azioni pulite.

Per quanto riguarda il giocatore dell’Atalanta, su di lui si sono riversate gran parte delle critiche che, nel nostro Paese, sono solite individuare un unico colpevole come causa delle sconfitte o dei disastri sportivi perpetrati dalla nostra nazionale.

Basti ricordare ad esempio i casi di Edmondo Fabbri per la débâcle dei Mondiali inglesi del 1966 (quelli della inopinata sconfitta subita ad opera della Corea del Nord) o di Dino Zoff agli Europei del 2000 (accusato di non aver fatto marcare Zinedine Zidane nella finale persa al golden gol con a Francia), passando per Walter Zenga nel 1990 (l’uscita a vuoto su Claudio Caniggia nella semifinale con l’Argentina) e Arrigo Sacchi a Usa 94, col vate di Fusignano ‘colpevole’ di essere arrivato secondo perdendo una finale ai rigori.

Questa volta, come detto, a finire sulla graticola è toccato a Scamacca. Pigro, svogliato, inconcludente…sono state tante le etichette appiccicate addosso al venticinquenne romano dopo le prove contro Albania e Spagna.

Certamente, contro la formazione iberica la prova di Scamacca non è stata certo esente da critiche. D’altronde, se si escludono Donnarumma, Riccardo Calafiori (autogol a parte) e pochi altri, è stata la prova complessiva di tutti gli azzurri a lasciare a desiderare.

Le difficoltà incontrate da Scamacca sono state causate dall’atteggiamento spagnolo. Per favorire le fasi di aggressione e contropressing dei suoi infatti il tecnico iberico Luis de la Fuente ha chiesto alla sua ultima linea di giocare molto alta, togliendo così profondità agli Azzurri e favorendo allo stesso tempo l’aggressività dei propri difensori, ai quali veniva ordinato di difendere in avanti.

Contro questo atteggiamento difensivo, ritrovandosi da solo nella morsa formata dai centrali Robin Le Normand e Aymeric Laporte, Scamacca è andato in difficoltà. L’idea di Spalletti era quella di utilizzare le uscite palla sul centravanti per andare poi ad attaccare la profondità con i rimorchi, a partire da Davide Frattesi.

Il piano non ha funzionato, vuoi per le problematiche di cui sopra, vuoi perché a Scamacca venivano in genere recapitati palloni sporchi, difficili da addomesticare e trattare. Di conseguenza, non si è visto nulla di quel gioco associativo nel quale l’atalantino eccelle.

Il tutto condizionato da un’Italia che Spalletti ha voluto più diretta, meno dedita al consolidamento del possesso e più invece alla ricerca della soluzione verticale. Soluzione che veniva gestiva bene dagli spagnoli.

A creare ulteriori problemi c’era poi il centrocampo. Quello spagnolo ha letteralmente dominato su quello italiano. La decisione di Spalletti di riproporre (dopo l’Albania) una mediana formata da Nicolò Barella, Jorginho e Frattesi, si è scontrata contro la pressione esercitata dalla Spagna.

Nessuno dei tre centrocampisti italiani, per motivi tecnici o di condizione, ha potuto fornire una prestazione decente in termini di resistenza alla pressione rivale. Questo è il motivo per cui, contro una Croazia che può contare su un centrocampo meno intensa, ma non meno tecnico di quello spagnolo, il commissario tecnico azzurro dovrebbe pendere in considerazione l’ipotesi di affiancare a Jorginho un altro costruttore puro come Nicolò Fagioli.

Lo juventino infatti aumenterebbe la qualità in palleggio dell’Italia, oltre a fornire a Jorginho quel valido compagno di reparto con il quale dividersi i compiti in regìa che l’italo-brasiliano ha sempre avuto accanto nelle sue versioni migliori (vale a dire quelle con il giocatore dell’Arsenal appaiato a Marco Verratti o Manuel Locatelli).

Meno convincente in termini di attenzione al palleggio sarebbe invece la scelta di Bryan Cristante. Il romanista infatti è un ottimo incursore, in grado di attaccare bene l’ultima linea avversaria e di andare a riempire l’area, come ha mostrato quando giocava nell’Atalanta di Gian Piero Gasperini.

Cristante costruttore di seconda linea contro la Spagna: è il modo giusto di impiegare il romanista?

Spostato in mediana durante le annate in giallorosso invece Cristante ha palesato dei limiti tecnici per quanto riguarda la gestione della palla, specialmente sotto pressione. Per questo motivo avrebbe dunque più senso considerarlo come un’alternativa di Frattesi invece che come un secondo play da affiancare a Jorginho.

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