‹‹Dobbiamo giocare così, non chiuderci sempre dietro, questo è il calcio moderno. Oggi lo abbiamo dimostrato. Mi trovo bene, non siamo fermi, ci muoviamo, è quello che ci chiede il mister anche da quando è arrivato Magnanelli. Proviamo molte cose. Mi trovo bene››.
Probabilmente nemmeno Federico Chiesa si aspettava che, dopo queste innocenti dichiarazioni rilasciate nel dopo partita di Udine, si scatenasse un vero e proprio putiferio fra la stampa e i tifosi. Oggetto del contendere, la figura di Francesco Magnanelli, assistente allenatore di Massimiliano Allegri alla Juventus.
Immediatamente, nel Paese di Coppi e Bartali e di Mazzola e Rivera, si sono create (soprattutto sui social, i moderni bar ove discutere tutto il girono di qualsiasi argomento) due fazioni: allegriani da una parte, manganelliani (non trovo un termine migliore) dall’altra.
A proposito di cosa, dato che entrambi i tecnici (Allegri e Magnanelli appunto) lavorano per lo stesso club? Ebbene, il motivo del contendere è la prestazione della Juventus nella vittoriosa trasferta di Udine dove, nel primo tempo, si sono appunto viste delle novità ed un livello di intensità raramente riscontrato in passato sotto la gestione tecnica di Allegri.
Gli allegriani, che annoverano fra le proprie fila anche noti giornalisti, rivendicano come l’ottima prestazione sciorinata in Friuli sia da ascrivere totalmente ad Allegri. In fondo è lui il responsabile tecnico. Ergo, è Allegri che detta le linee guida dal punto di vista tattico.
Per i secondi invece, che non vedono giocare bene la Juve da tre anni, tutti i meriti sono attribuibili al nuovo arrivato, quel Magnanelli che ha già lavorato in passato con Allegri come giocatore al Sassuolo e che è arrivato a completarne lo staff dopo l’uscita di Paolo Bianco (anch’egli un ex neroverde) che ha preferito iniziare la carriera da primo allenatore a Modena.
In realtà, come spesso accade, si sta discutendo da ore del nulla. Non sappiamo infatti come vengano strutturate le sedute di allenamento, quelle tattiche in particolare, giacché da tempo i club hanno preso la malsana abitudine di chiudere le porte a tifosi e stampa. Non sappiamo quindi se sia Allegri o Magnanelli a guidare gli allenamenti tattici e a dettare l’atteggiamento tattico alla squadra.
Possiamo solo fare supposizioni. Ma, in ogni caso, che sia l’uno o l’altro, è sempre il primo allenatore (nella fattispecie Allegri) il responsabile ultimo di ciò che avviene sul campo. Appare difficile immaginare che Magnanelli, pur portando magari idee nuove, cerchi di istruire la squadra senza avere il consenso di Allegri. Appare difficile perché sarebbe semplicemente impossibile.
Un atteggiamento del genere (è già successo altrove) poterebbe ad una separazione fra i due. È quindi più facile ipotizzare che queste novità di cui ha parlato Chiesa siano state implementate con l’ovvio lasciapassare di Allegri. Il che non sminuisce il suo lavoro. Il tecnico intelligente infatti è quello in grado di dotarsi di uno staff ampio (tanto ampio quanto il club gli consente) e, se lo ritiene opportuno, di delegare alcuni compiti ai membri dello stesso. Ovviamente dopo aver discusso le soluzioni da adottare.
Senza far nomi, ci sono stati in passato tanti allenatori che hanno fatto così, lasciando ai propri assistenti il compito di guidare le sedute di allenamento, magari per osservare meglio il gruppo da un’atra angolazione (o dall’alto), delegando la gestione di alcune sedute o di parte di esse, anche riguardo situazioni sensibili come lo sviluppo del gioco nelle due fasi o i calci piazzati.
Anzi, con il calcio che è diventato sempre più complesso e con rose ampie, è auspicabile che chi può si doti di figure di fiducia che lo supportino, perché materialmente non in grado di poter fare e controllare tutto o semplicemente perché si ritiene qualche collaboratore più preparato in un aspetto del gioco piuttosto che in un altro.
Come detto, non si tratta di una diminutio del tecnico ma, al contrario, di un segno di umiltà e intelligenza.

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