La partita di Genova contro i rossoblù presentava diverse insidie per la Fiorentina di Vincenzo Italiano. Per prima cosa, un esordio in campionato non è mai facile da affrontare, indipendentemente dall’avversario di turno. Con il primo impegno ufficiale infatti si smette di scherzare e si comincia a giocare per i tre punti.
Per di più, la compagine viola si trovava a dover affrontare una neopromossa ambiziosa come il Genoa (che ha costruito una squadra per puntare ad una tranquilla salvezza) e si trovava a doverlo fare davanti ad un Marassi strapieno per accogliere il ritorno del Grifone nella massima serie.
Per affrontare questa sfida Italiano si è affidato ad un undici rinnovato rispetto all’ultimo campionato. Il tecnico viola decideva di inserire fin dal primo minuto il giovane Michael Kayode (campione d’Europa con l’Italia Under 19) come terzino destro in una difesa completata dalla sicurezza Nikola Milenković, da un Luca Ranieri che nell’ultia Serie A aveva registrato solo 9 presenze e dal capitano Cristiano Biraghi, preferito al neoarrivato Fabiano Parisi.
Le novità più attese tuttavia riguardavano però centrocampo e attacco. In mediana il tecnico gigliato è partito con Rolando Mandragora e Arthur come interni, con Giacomo Bonaventura avanzato da trequartista dietro un tridente composto da Josip Brekalo (a sinistra) M’Bala Nzola (centravanti) e Nico González (a destra).

Tutte le scelte fatte davano ragione a Italiano, con la Fiorentina che si imponeva con uno scarto largo (1-4), dominando la partita in lungo e in largo e, di fatto, chiudendola già nel primo tempo. Nemmeno i cambi di sistema operati da Alberto Gilardino nella ripresa sono riusciti a scalfire il dominio degli ospiti.

Il gol immediato di Biraghi ha certamente agevolato le cose, ma la Fiorentina vista a Marassi ha dato l’impressione di una squadra consapevole di quello che vuole andare a fare in campo. Fin dal primo tempo di sono viste inoltre tutta una serie di soluzioni tattiche (alcune nuove) che rendono bene l’idea del bagaglio di conoscenze acquisito sia da quella parte di squadra che è al terzo anno di lavoro con Italiano, sia dai nuovi.
Rispetto alla stagione passata non si è vista la mossa del centrale che si alza in fase di costruzione (Martínez Quarta) mentre, in alcune occasioni, si è assistito alla discesa poco avanti o anche fra i centrali (salida lavolpiana) da parte di Arthur.

Come prevedibile, la presenza del metronomo brasiliano andrà a incidere e non poco sulla gestione palla della Fiorentina. L’ex juventino è stato intelligentemente messo da Italiano nel vivo del gioco. Per entrare in ritmo Arthur ha bisogno infatti di essere altamente coinvolto nella manovra d’attacco, toccando molti palloni. Così è accaduto a Marassi con il numero 6 viola che ha giocato ben 91 palloni, con una percentuale di precisione nei passaggi del 91%.
A questi dati vanno aggiunti i 5 passaggi chiave prodotti. Se si tolgono i due centrali difensivi (dai quali passa sempre la costruzione nelle squadre di Italiano) il brasiliano è il giocatore della Fiorentina ad averne prodotti di più.
A restare inalterati rispetto allo scorso campionato sono stati gli smarcamenti e, in generale, il movimento dei giocatori senza palla volto a creare linee di passaggio intorno al portatore di palla.
Kayode e Biraghi, così come Dodò e lo stesso capitano pochi mesi fa, riconoscevano il momento in cui stringersi per operare da mezzali e quello in cui aprirsi per dare ampiezza.

Allo stesso modo gli esterni alti, González e Brekalo, sapevano quando restare larghi e quando stringere vicino a Nzola. Quest’ultimo, da parte sua, ha interpretato bene il ruolo di prima punta nel sistema di Italiano. Al suo attaccante centrale infatti l’allenatore nato in Germania chiede un’alta dose di partecipazione alla manovra offensiva. Un livello di associatività, pur giocando da unico riferimento centrale, che né Cabral né Jovic sono stati in grado di fornire nel passato recente.

Tornando all’utilizzo dei terzini da mezzali, questa mossa non è servita alla Fiorentina solo per riempire i mezzi spazi in possesso e, in non possesso, per avere due giocatori già ben posizionati per la riaggressione, ma anche per avere due elementi pronti nella fase di risalita del campo.
Questo è stato evidente soprattutto sul lato sinistro, dove operava Biraghi, con 115 palle giocate il viola più coinvolto nella fase di possesso gigliata. Spesso infatti, con azione che iniziava sul lato opposto del campo, il pallone veniva girato ad uno smarcato Biraghi, che poteva così portarlo in avanti facendo guadagnare campo alla propria squadra.
Eseguire un cambio di gioco non subito verso il corridoio esterno ma nel mezzo spazio adiacente è una mossa che aveva già mostrato Pep Guardiola al Bayern con Douglas Costa. Il giocatore che si trova nell’half-space sul lato debole è infatti il più delle volte libero e la palla lo raggiunge più velocemente, dovendo attraversare un numero inferiore di canali verticali rispetto ad una diretta nel corridoio esterno più lontano dalla posizione del pallone.
Rispetto all’anno scorso si è inoltre visto un controllo ancor più accentuato nel terzo offensivo di campo, con un dato field tilt del 70%, di 7 punti percentuali superiore a quello medio registrato nella stagione appena conclusa.
La Fiorentina è quindi riuscita di imporre il proprio ritmo, a portare tanti uomini in zona di rifinitura e anche ad attaccare variando le soluzioni, con una migliore occupazione delle zone centrali. Non a caso i cross registrati sono stati soltanto 8, per una squadra in passato si affidava troppo al crossing game come arma di rifinitura. La formazione viola è così apparsa meno frenetica nello sviluppo della manovra e nell’attacco all’area avversaria.

È ovviamente ancora troppo presto per trarre delle conclusioni sulla squadra che sarà, ma di certo la Fiorentina è partita col piede giusto, con il proprio tecnico che sembra già avere le idee chiare su come inserire gli acquisti di questo mercato e su come far evolvere la squadra.

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