Al di là della partita Analisi tattica

È andata com’è andata, la fortuna è di incontrarti ancora

Peccato. L’Inter esce dalla finale di Istanbul con la consapevolezza di aver tenuto testa ad uno squadrone come il Manchester City e con la certezza di aver meritato di più per le occasioni prodotte e per il gioco espresso. Ma la coppa prende la strada dell’Inghilterra.

Una partita dunque che può essere letta in due modi: da una parte come l’esaltazione del calcio di Pep Guardiola, che conquista il treble (Premier League, FA cup e Champions) aggiungendo una terza coppa Campioni alle due già presenti nella sua personale bacheca (conquistate con il Barça), dall’altra con la delusione da parte interista per essere arrivati davvero ad un soffio a quella che sarebbe stata una delle più grandi sorprese nella storia recente del calcio.

Sì perché alla vigilia del match nessuno pronosticava non diciamo una Inter vincente, ma almeno in grado di giocarsela fino alla fine.

E invece Simone Inzaghi ha predisposto un piano gara (quasi) perfetto, interpretato magistralmente dai suoi uomini. La partita dei nerazzurri si è sviluppata come previsto, con l’Inter che ha utilizzato il pallone per manipolare il sistema difensivo del City e aprirsi così la strada per l’altra metà campo.

Dal punto di vista dell’undici di partenza i due allenatori confermano le formazioni della vigilia. Inzaghi si è presentato infatti con il centrocampo formato da Marcelo Brozović play e con Hakan Çalhanoğlu e Nicolò Barella interni, confermando davanti la coppia composta da Lautaro Martínez e Edin Džeko.

Da parte sua Guardiola rispondeva con lo schieramento con quattro difensori centrali nella linea arretrata e con Jack Grealish e Bernardo Silva larghi in fascia.

Timoroso del palleggio interista e con l’intenzione di superare la prima aggressione rivale, Guardiola decide di far sviluppare la sua squadra non con l’abituale 3-2-5 quanto invece con un cruyffiano 3-3-1-3 con John Stones che si alzava facendo funzione da mezzala.

Così facendo il tecnico catalano sperava di guadagnare superiorità nella zona centrale del campo e, confidando nelle avanzate di Brozović per andare a prendere Rodri, di liberare İlkay Gündoğan alle spalle della mediana italiana.

Inzaghi però aveva previsto la pericolosità del Manchester in zona di rifinitura, decidendo quindi di andare a prendere in modo diverso gli inglesi e lasciando coperta la zona davanti alla difesa.

Nemmeno il cambio di posizioni in corso d’opera fra Kevin De Bruyne e Gündoğan sortiva gli effetti sperati ed il palleggio del City continuava ad essere lento e poco produttivo. All’interno di queste difficoltà spiccava comunque la capacità distributiva di Rúben Dias.

Selezione dei passaggi completati da Rúben Dias secondo il modello Opta.

Inizialmente i movimenti ad aprirsi di Stones creavano qualche problema alla fase difensiva dell’Inter, ma il Manchester non riusciva lo stesso a produrre una manovra fluida in grado di impensierire il compatto blocco nerazzurro, anche perché faticava a sfruttare le linee di passaggio libere verso l’inglese.

Questo avveniva anche grazie alla prestazione difensiva di Francesco Acerbi. L’ex laziale gestiva infatti molto bene l’uno contro uno con Erling Haaland, impedendo al norvegese di girarsi fronte alla porta e vincendo il duello aereo quando il City era forzato dalla pressione dell’Inter a giocare la palla lunga.

Così facendo Inzaghi poteva liberare i due terzi di difesa (Matteo Darmian e Alessandro bastoni) che giocavano aggressivi nei mezzi spazi.

Quando poi era l’Inter ad avere il controllo del pallone la compagine milanese riusciva a mandare a vuoto pressing e riaggressione dei citizens, grazie soprattutto alla prova di André Onana.

Il portiere camerunense infatti confermava la sua abilità nella gestione e nella distribuzione della palla giocando soprattutto sugli esterni, là dove il City faceva fatica ad arrivare in tempo.

In questo modo l’Inter riusciva a trovare campo con la propria costruzione sfruttando il fatto Guardiola cercasse (come usuale) di portare Grealish e Bernardo Silva a pressare all’interno del campo, mentre i due terzini del City (Manuel Akanji e Nathan Aké) restavano bassi per chiudere le corsie interne alle transizioni dei nerazzurri.

Tanto Federico Dimarco quanto Denzel Dumfries erano quindi abbastanza liberi e soprattutto l’italiano riusciva a sfruttare lo spazio a disposizione per salire a creare preoccupazioni agli inglesi sul lato sinistro dell’attacco interista, quello forte.

Il coraggio dell’Inter con la palla si manifesta anche nel dato complessivo del possesso palla: un notevole 42% contro una squadra come il Manchester, abituata a registrare sotto questo aspetto percentuali bulgare.

Per sfortuna dell’Inter (non la prima della serata) dopo circa mezz’ora di partita si fa male De Bruyne. Sembra paradossale dirlo ma il centrocampista belga era stato contenuto molto bene dai nerazzurri.

Al suo posto Guardiola mandava in campo Phil Foden e l’inglese rispondeva aggiungendo vitalità alla manovra d’attacco dei suoi.

Non a caso il gol che poi decidere l’incontro è venuto a seguito di un movimento ad attaccare la porta di Foden, che si portava dietro alcuni giocatori nerazzurri aprendo lo spazio alla giocata di Bernardo Silva. Il portoghese infatti, arrivato sul fondo, produceva uno splendido cutback pass (pase de la muerte) che Rodri spediva con chirurgica precisione alle spalle di Onana.

Tutta l’azione nasce dal taglio verticale di Bernardo (uno dei rari attacchi alla profondità del City) e da una palla niente affatto banale prodotta da Akanji.

Il gol subito non scoraggiava l’Inter che, anzi, continuava a macinare gioco costringendo il Manchester sulla difensiva. La squadra di Guardiola si abbassava sempre di più, non riuscendo ad azionare il contropiede e finendo per lasciare i nerazzurri a dettare il contesto gara, padroni dello spazio e del pallone.

I cambi di Inzaghi (in particolare Robin Gosens e Henrikh Mkhitaryan) davano nuova linfa al possesso italiano. Purtroppo per i milanesi a mancare era l’apporto di Romelu Lukaku. Mandato in campo al posto dell’infortunato Džeko dopo circa un’ora di partita (ma il cambio sarebbe comunque stato fatto lo stesso ad un certo punto della gara) il belga si trovava per ben due volte a negare il gol del pareggio ai suoi, prima respingendo involontariamente una conclusione a botta sicura di Dimarco e, successivamente, indirizzando troppo centralmente (a pochi passi dalla linea di porta) un colpo di testa che Ederson riusciva a intercettare.

Il finale convulso, con altre chance per l’Inter (e con Ederson ancora protagonista su Gosens) non mutava le sorti dell’incontro.

Il City riusciva così a conquistare il trofeo europeo più ambito, il primo per lo Sheikh Mansour che lo inseguiva dal 2008, da quando cioè l’Abu Dhabi United Group ha acquistato il club inglese.   

Stavolta Guardiola è rimasto fedele a sé stesso, evitando quei pericolosi overthinking che in passato gli hanno impedito di arrivare alla coppia dalle grandi orecchie. Per Pep si tratta della prima Champions senza Lionel Messi. A questo punto anche i suoi critici più feroci (che lo accusavano anche di non essere in grado di vince la coppa Campioni senza il fuoriclasse argentino) dovranno ricredersi.

La decisione di affrontare le partite ad eliminazione diretta sempre con l’undici migliore ha pagato per un City che ha svoltato la stagione quando il suo allenatore ha deciso di utilizzare la formazione con quattro difensori centrali. E così, venticinque anni dopo il Manchester United, un’altra compagine inglese completa il treble.

Per quanto riguarda invece l’Inter, l’impresa è stata solo sfiorata. I tifosi devono però essere orgogliosi di come i ragazzi di Inzaghi hanno affrontato la sfida decisiva. Partiti nettamente sfavoriti dal pronostico i nerazzurri sono invece stati in grado di giocarsela fino all’ultimo secondo e avrebbero, come ricordato in apertura, meritato almeno i supplementari.

È vero che, a parte l’occasione sprecata da Lautaro, le altre occasioni sono state costruite nell’arrembaggio finale, ma quello era il momentum concesso dal City per attaccare. Alla fine l’Inter ha creato più expected goals degli avversari (1.8 contro 0.9) limitando la squadra di Guardiola ad appena 0.12 xG per tiro.

Smaltita la delusione i nerazzurri dovranno guardare al futuro. Per il club del presidente Steven Zhang ci sono delle decisioni importanti da prendere. La prima riguarda cosa fare con Lukaku, destinato a tornare al Chelsea per fine prestito. Chiedere nuovamente condizioni favorevoli per averlo a disposizione almeno un altro anno o lasciarlo partire? Onana poi riceverà delle offerte (Chelsea) che andranno valutate. Milan Škriniar è destinato al Psg e ci sarà comunque da ringiovanire una rosa con una età media piuttosto avanzata (28.5 per partita).

I milanesi possono essere orgogliosi per la campagna europea. Si tratterà ora di cercare di ripetersi (cosa non facile) e di migliorare il rendimento in campionato. La squadra ha dimostrato in finale di valere più dei 18 punti di svantaggio accumulati in Serie A dal Napoli campione.

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