Al di là della partita Analisi tattica

La notte dell’imperfezione tedesca

La sfida fra Germania e Svizzera (1-1) è stata la rappresentazione del buon torneo che stanno facendo fin qui i rossocrociati (qualificatosi agevolmente come secondi nel gruppo) e dei problemi della squadra di casa, lontana dall’essere invulnerabile come invece era apparsa nelle prime due uscite contro Scozia e Ungheria.

Al di là del risultato finale, la battaglia tattica fra i due allenatori è stata vinta da Murat Yakin. Non fosse stato per il solito gol nel finale, uscendo dalla panchina, di Niclas Füllkrug, la Nati si sarebbe infatti portata a casa l’intera posta in palio e il primo posto nel girone.

Rispetto alle precedenti avversarie della Germania, Yakin ha affrontato la nazionale tedesca portando alcune fasi di pressing alto. Quando poi gli Svizzeri sono stati costretti a difendersi in un blocco più basso, la loro compattezza e la loro organizzazione difensiva hanno impedito alla squadra di Julian Nagelsmann di occupare e sfruttare agilmente i corridoi centrali del campo.

Con la zona di rifinitura chiusa ai vari Jamal Musiala, Florian Wirtz, Kai Havertz e İlkay Gündoğan, la nazionale padrona di casa ha, come di consueto, cercato spazio all’esterno, soprattutto a sinistra dove giocava Maximilian Mittelstädt. Diversamente dalle precedenti gare però il terzino dello Stoccarda non è stato preciso nel rifornire l’area con le sue palle laterali.

Di conseguenza la Germania ha incontrato difficoltà nel creare vere occasioni da gol, anche perché sono venuti meno quelli attacchi alla profondità che avevano caratterizzato il gioco tedesco nelle due sfide iniziali del torneo.

Difficoltà che non sono sfuggite a Nagelsmann tanto è vero che il tecnico tedesco, dopo un’ora di gioco, ha tirato via dal campo Mittelstädt (per inserire David Raum) e il già ammonito e in difficoltà Jonathan Tah (mandando dentro Nico Schlotterbeck), per proseguire poi con il frangiflutti Robert Andrich (al posto del quale è entrato l’attaccante dell’Hoffenheim Maximilian Beier) e anche con Musiala e Wirtz (per gli ingressi di Füllkrug e Leroy Sané).

Tutte sostituzioni che miglioravano la prestazione offensiva della compagine teutonica, che vedeva crescere la sua produzione di xG fino al gol del pareggio segnato in pieno recupero.

Anche se Nagelsmann è stato quindi bravo a cambiare qualcosa, il suo piano gara iniziale era stato facilmente contenuto da una Svizzera ancorata sull’asse centrale formata da Yann Sommer, Manuel Akanji e Granit Xhaka.

Quest’ultimo è stato particolarmente efficace nelle sue azioni di pressione su Toni Kroos e, in generale, nell’essere leader nei momenti di pressing della Svizzera, come dimostrato in occasione della palla rubata a Musuiala che ha generato il gol del vantaggio elvetico.

In attacco inoltre i rossocrociati hanno causato dei problemi alla fase difensiva tedesca utilizzando quell’arma tattica già evidenziata nelle partite contro Scozia e Ungheria e per la quale nemmeno Nagelsmann è riuscito a trovare una contromisura, vale a dire l’utilizzo ibrido di Michel Aebischer.

Il centrocampista del Bologna infatti agisce da quinto di sinistra in non possesso per diventare poi uno dei due trequartisti quando la Svizzera attacca. Il movimento ad accentrarsi del No.20 apre la corsia mancina del campo Dan Ndoye, compagno di squadra anche con i Felsinei.

Oltre a segnalarsi per la rete realizzata, l’attaccante svizzero ha rappresentato una costante minaccia sul lato destro difensivo della Germania, occupandosi anche di andare a chiudere Antonio Rüdiger quando i Tedeschi provavano a costruire passando dal centrale del Real Madrid.

Alla fine dunque la Germania lascia la Frankfurt Arena con la soddisfazione di aver mantenuto il primo posto nel Gruppo A, ma lo fa senza più avere quella sicurezza che le derivava dalle due vittorie registrate contro Scozzesi e Magiari. Bisognerà quindi vedere come gli uomini di Nagelsmann affronteranno la fase a eliminazione diretta, contro avversari più forti di quelli incontrati finora e, soprattutto, qualora dovessero nuovamente venirsi a creare situazioni di svantaggio.

 Per quanto riguarda invece la Svizzera, i rossocrociati hanno centrato la qualificazione al secondo turno, risultato minimo che i vertici federali elvetici si erano prefissati alla vigilia del Campionato europeo. Andare più avanti dipenderà anche dall’accoppiamento che uscirà per gli ottavi.

Anche se mai convincente fino in fondo e, per questo, non esente da critiche, il lavoro svolto da Yakin ha dato i suoi frutti. L’ex tecnico del Basilea ha costruito una compagine solida, in linea con la tradizione svizzera. Yakin è stato bravo, negli ultimi mesi, a passare ad un 3-4-2-1 che sembra adatto alle caratteristiche del gruppo a disposizione.

Se poi davanti Breel Embolo e Ndoye imbroccano a serata giusta, la Svizzera diventa capace di dar fastidio a chiunque. E in panchina c’è sempre a disposizione l’arma Xherdan Shaqiri.

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