Al di là della partita Analisi tattica La mossa tattica

Una tranquilla giornata all’Europeo

Si è discusso molto alla vigilia dell’Europeo sulla composizione dell’undici inziale della Francia di Didier Deschamps. Sotto osservazione era finito soprattutto l’attacco. Alla pima uscita, contro l’Austria, il tecnico francese ha mandato in campo Kylian Mbappé come attaccante di sinistra, con libertà di scambiarsi la posizione con Marcus Thuram, Antoine Griezmann da trequartista e Ousmane Dembélé a fissare il lato destro.

Di particolare interesse era la fase difensiva dei transalpini. Con questa struttura infatti la Francia andava a difendere 4-4-2 con blocco medio o basso, con Thuram e Dembélé che rientravano sulle fasce e Mbappé che si collocava da centravanti. Una soluzione che sgravava il giocatore da eccessivi compiti difensivi.

In conseguenza di ciò, la squadra di Deschamps poteva sempre contare sul nuovo attaccante del Real Madrid per lanciare il contropiede. Di contro, la Francia difendeva con un uomo in meno, data l’enorme distanza che veniva a crearsi la prima linea difensiva (rappresentata proprio da Mbappé) e il resto della squadra.

A rendere efficace questo tipo di atteggiamento non erano solo la collaborazione senza palla offerta da Griezmann o la scarsa qualità dell’Austria (soprattutto quando veniva chiamata a gestire il pallone) ma anche il lavoro svolto dal doppio schermo difensivo formato da Adrien Rabiot e N’Golo Kanté.

Proprio il centrocampista dell’Al-Ittihād ha giocato una grande partita, confermando di essere uno dei pochi giocatori finiti nei Paesi arabi a non aver sofferto il passaggio dall’Europa a quel tipo di calcio.

Ah, come gioca la Turchia!

In quella che possiamo considerare una delle migliori (se non la migliore) partita vista fin qui all’Europeo, la Turchia ha avuto la meglio sulla Georgia (3-1) al termine di una sfida caratterizzata da un numero elevato di conclusioni a rete (13 in totale fra le due squadre), preziosismi individuali, ribaltamenti di fronte e anche da un gol segnato a porta vuota in stile hockey sul ghiaccio col numero 1 avversario che si trovava nell’area d’attacco per cercare il pareggio.

A rubare l’occhio è stata soprattutto la Turchia. La nazionale della mezzaluna, guidata da Vincenzo Montella, ha infatti messo in luce un gioco tanto efficace quanto esteticamente gradevole.

Organizzata intorno ad un 4-2-3-1 di partenza, la squadra turca era in realtà estremamente fluida in fase di possesso. In generale i turchi spingevano sulle corsie esterne con i laterali bassi Mert Müldür (fra l’altro autore di una rete eccezionale) e Ferdi Kadıoğlu, lasciando il centro del campo alla gestione di Hakan Çalhanoğlu, Kaan Ayhan e Orkun Kökçü.

A questi ultimi tre si associavano, venendo a giocare nei corridoi interni, Baris Yilmaz, Kenan Yildiz e Arda Güler. Proprio la stellina del Real Madrid era l’epicentro di una manovra offensiva che cercava di creare superiorità numerica in zona palla raggruppando giocatori intorno al portatore.

L’idea, ben eseguita, era quella di non dare punti di riferimento alla difesa georgiana attraverso un continuo cambiamento degli spazi da occupare. Il movimento continuo, che andava a generare situazioni di possesso in varie zone della trequarti offensiva, aiutava la squadra di Montella a rendere liquida la propria manovra in una struttura caratterizzata dalla ricerca costante dell’associazione tecnica fra i giocatori migliori.

Per una formazione che non è mai riuscita a superare i gironi negli ultimi tre Europei ai quali ha preso parte, la vittoria sulla Georgia rappresenta sicuramente un buon modo per approcciare questa edizione tedesca.

Croazia e dintorni

La Croazia non va oltre un rocambolesco 2-2 (con gol del pareggio subito in pineo recupero) nella sfida contro l’Albania. Ora, dopo due gare, la nazionale a scacchi si ritrova con un solo punto in classifica, frutto di questo pareggio, dopo aver perso 3-0 la partita d’esordio con la Spagna.

Anche se il punteggio maturato contro gli spagnoli era stato troppo pesante per quanto visto in campo, e anche se il pareggio con l’Albania lascia ancora aperte le speranze di qualificazione dei croati, è indubbio come la squadra di Zlatko Dalić sia molto lontana da quelle che avevano ottenuto un secondo e un terzo posto nelle ultime due edizioni dei Mondiali, sempre sotto la guida del cinquantasettenne tecnico di Livno (Bosnia ed Erzegovina).

I problemi evidenziati sono molteplici, a cominciare dall’età che avanza. Se poi, a quella di Luka Modrić (38) aggiungiamo gli anni di un Marcelo Brozović (31) andato a far vacanza all’Al-Nassr, non ci possiamo stupire se il temibile palleggio del centrocampo croato abbia scalato le marce, portando ad una trasmissione palla lenta e inefficace.

Contro l’Albania il solo Mateo Kovačić è stato all’altezza della situazione, con Modrić che ha sbagliato un numero per lui inusuale di passaggi e con Brozović che è stato addirittura tolto dal campo da Dalić all’intervallo.

Nel corso della prima frazione di gioco i croati hanno finito per essere facilmente superati dai più freschi e pimpanti albanesi, con gli uomini di Sylvinho che devono rammaricarsi soltanto con loro stessi per i tanti, troppi contropiedi sprecati.

L’intera retroguardia croata si è trovata in ambasce nell’affrontare i ribaltamenti di fronte avversari. Dopo la batosta subita ad opera della Spagna, Dalić ha deciso di rivoluzionare l’ultima linea, panchinando Josip Stanišić e il leccese Marin Pongračić, riportando Joško Gvardiol al centro e mandando in campo Ivan Perišić come quarto di sinistra.

Una mossa quest’ultima che non ha pagato: l’ex interista infatti ha spinto il giusto, trovandosi ovviamente in difficoltà quando l’Albania si trovava ad attaccare dal suo lato di campo.

In mezzo poi, accanto al ritrovato Gvardiol, giostrava uno Josip Šutalo in perenne difficoltà contro Rey Manaj. Il centravanti albanese, visto anche in Italia, era bravissimo a non farsi anticipare dal centrale rivale, riuscendo a difendere palla per far salire i compagni o a guadagnare preziosi calci piazzati che abbassavano la pressione offensiva croata.

In queste condizioni di precarietà a livello di gioco e di occasioni prodotte (nemmeno un tiro in porta registrato dalla Croazia nel primo tempo), per la nazionale di Dalić poteva considerarsi già un successo essere arrivata all’intervallo sotto soltanto di un gol, viste appunto le transizioni non sfruttate dai ragazzi di Sylvinho.

Al rientro in campo la musica cambiava. Il nuovo 4-2-3-1 e gli innesti fatti da Dalić (Mario Pašalić e, soprattutto, Luka Sučić) ridavano vigore alla Croazia, che metteva le tende nella metà campo albanese senza più rischiare molto a livello difensivo.

Il livello prestativo dei croati cresceva; il contropiede albanese non partiva più, con le ripartenze ben gestite; Andrej Kramarić, supportato da Sučić, diventava una vera e propria spina nel fianco della retroguardia della nazione dell’Aquila.

L’innesto di Ante Budimir si rivelava troppo per l’Albania. Con un altro centravanti in campo infatti la Croazia riusciva prima a pareggiare con Kramarić e, successivamente, a trovare la rete del vantaggio, cortesia di un autogol dell’appena entrato Klaus Gjasula. Era poi proprio il centrocampista del Darmstadt, nel forcing finale, a trovare la rete del pareggio.

In vista della sfida con l’Italia Dalić dovrà ripartire dal secondo tempo. Troppo brutta per essere vera la Croazia della prima parte di gara. La titolarità di Brozović andrà ripensata, così come l’allineamento difensivo. In attacco poi andrà garantito appoggio a Kramarić. In questo senso, la sostituzione di Lovro Majer non è parsa azzeccata: il laterale del Wolfsburg era stato infatti uno dei pochi a salvarsi nei primi quarantacinque minuti.

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